Tumore della mammella

Che cos’è il Tumore della mammella?

La mammella é un organo ghiandolare, presente in entrambi i sessi, ma molto sviluppata nelle donne. È costituita da 15-18 lobi, ognuno dei quali contiene più lobuli e un dotto galattoforo principale, che si apre nel capezzolo e consente i passaggio del latte dai lobuli al capezzolo. Come tutti i tumori solidi anche quello della mammella é caratterizzato da una moltiplicazione incontrollata di alcune cellule che, con il tempo, acquisiscono la capacità di infiltrare i tessuti circostanti e di diffondersi e riprodursi in altri organi del corpo.
Non si tratta di un’unica forma patologica, ma di una malattia complessa che presenta molteplici variabili biologiche a cui corrispondono livelli di aggressività e andamenti clinici differenti. Variabili che oggi, grazie ai continui progressi della ricerca, conosciamo sempre meglio e questo consente di personalizzare la cura scegliendo, fra le varie opzioni disponibili, la più idonea ed efficace per le caratteristiche biologiche di ogni singolo caso.

I numeri della malattia

Nel mondo, ogni anno viene diagnosticato oltre un milione di nuovi casi di tumore al seno e ciò, per le sue implicazioni sociali ed economiche, costituisce una vera e propria emergenza per i sistemi sanitari dei Paesi Occidentali. Dei molti dati utili per evidenziare le enormi dimensioni del problema ne riportiamo qui alcuni relativi alla situazione in Italia dove, nel 2012, si stima si siano ammalate 46.300 donne e circa 450 uomini.
Il tumore della mammella è, quindi, di gran lunga il più frequentemente diagnosticato in tutte le fasce d’età nel sesso femminile e, dalla fine degli anni settanta, la sua incidenza è quasi raddoppiata e si prevede continuerà a crescere raggiungendo nel 2030 i 55.000 nuovi casi/anno.
La diffusione della malattia sul territorio nazionale non è, tuttavia, omogenea. Esistono, infatti, significative differenze nelle diverse macro aree geografiche: annualmente ogni 100.000 abitanti si registrano 124 casi al Nord, 100 al Centro e 91 al Sud.
Complessivamente, oggi vivono in Italia circa 550.000 donne che hanno ricevuto la diagnosi di tumore del seno e, nonostante la continua e costante riduzione della mortalità, anche nel 2012 il carcinoma mammario è stata la prima causa di morte per tumore, con circa 13.000 decessi.

Fattori di rischio

Numerosi sono i fattori che si associano ad un aumento del rischio di sviluppare il tumore della mammella. Alcuni, come l’età, il menarca precoce, il numero di gravidanze o la menopausa tardiva non sono, purtroppo, di nessuna utilità sul piano della prevenzione perché difficili se non impossibili da modificare. Altri, invece, legati alle abitudini e allo stile di vita sono senz’altro meritevoli di maggior attenzione perché una loro correzione può contribuire a ridurre l’incidenza della malattia.
Informare e rendere le donne consapevoli di quanto possono fare a tutela della propria salute è uno degli obiettivi dell’Unità di Senologia di Humanitas Istituto Clinico Catanese che si avvale per questo anche della collaborazione dei medici specialisti in genetica, ginecologia, psicologia.

Età
Il tumore della mammella si manifesta raramente al di sotto dei 30 anni, mentre sette casi su dieci vengono diagnosticati dopo la menopausa. Le probabilità di ammalarsi aumentano esponenzialmente fino all’età di 50-55 anni, poi rallentano per qualche anno, per riprendere a crescere dopo i 60 anni e per tutte le decadi successive. L’età si rileva, quindi, il principale fattore di rischio per questo tumore che è tanto più frequente quanto più l’età è avanzata: ciò nonostante moltissime donne dopo i 70 anni non si sottopongono più a controlli regolari ritenendo erroneamente di essere “fuori pericolo”. Da ciò consegue l’elevata percentuale di tumori in stadio avanzato diagnosticati nelle anziane e il maggior tasso di tasso di mortalità per causa specifica che si registra in queste donne rispetto alle quelle appartenenti a fasce d’età inferiori.

Storia familiare di tumore al seno
La presenza di un parente di primo grado, anche di sesso maschile, che abbia sviluppato un tumore al seno, aumenta il rischio di ammalarsi e, se i famigliari colpiti sono più numerosi, anche le probabilità di contrarre la malattia aumentano. L’entità del rischio è, inoltre, correlata con l’età in cui i parenti si sono ammalati ed è significativamente maggiore in caso di neoplasia diagnosticata prima dei 50 anni. Questa generica predisposizione può in parte essere spiegata dalla condivisione di uno stile di vita non corretto da parte dei membri della stessa famiglia e non va in ogni caso confusa con le forme eredo-familiari dovute alla presenza di specifiche mutazioni genetiche.

Mutazioni genetiche ereditarie
È noto come alcune mutazioni genetiche siano correlate con l’insorgenza del tumore al seno. Quelle più conosciute riguardano i geni BRCA1 e BRCA2, ma il numero di geni coinvolti sembra essere sicuramente maggiore. Questi “errori” del patrimonio genetico trasmessi come caratteri ereditari si stima siano responsabili del 5-7% di tutti i tumori della mammella.
Una donna che non presenta alcuna mutazione nel corso della propria vita, ha mediamente una probabilità di sviluppare la malattia del 12%. Tale probabilità può, invece, salire fino al 90% in caso di mutazioni BRCA1/BRCA2. Nelle donne mutate che abbiano già contratto il tumore il rischio di svilupparne un secondo nei dieci anni dopo la prima diagnosi è notevolmente più elevato rispetto a quello delle donne che non presentano mutazioni dei geni.

Le informazioni contenute nei geni del DNA di una persona sono ereditate da parte materna e paterna. BRCA aumentano, inoltre, anche il rischio di tumore-crescita anormale di un tessuto. Può essere: benigno-non tumorale, non invade i tessuti circostanti e non si diffonde in altre parti del corpo, oppure maligno-canceroso, tumorale dell’ovaio che raggiungere il circa 60% nelle donne mutate. La maggior parte dei tumori del seno non riconosce, tuttavia, un origine genetica e studi recenti suggeriscono che alcuni fattori, come ad esempio lo stile di vita e l’attività fisica, possano ridurre il rischio anche nelle donne con documentate mutazioni genetiche.
Un corretto inquadramento di queste problematiche appare oggi oltremodo opportuno perché, come si riscontra abitualmente nella pratica clinica quotidiana, moltissime donne a causa di informazioni sommarie ed incomplete ricevute credono di essere portatrici di un elevato rischio familiare. Questo rappresenta per loro una forte fonte di ansia e di preoccupazione che ne pregiudica la qualità della vita e le induce spesso a sottoporsi ad una quantità di inutili controlli. Tutte le donne che afferiscono all’Unità di Senologia con una storia famigliare che faccia sospettare una possibile ereditarietà vengono invitate a sottoporsi una specifica consulenza onco-genetica ed eventualmente al test per l’identificazione di mutazioni.

Obesità
In menopausa le donne in sovrappeso hanno un rischio più elevato di avere un tumore al seno rispetto alle normopeso. Questo è principalmente legato al fatto che il tessuto grasso contiene un particolare enzima (aromatasi) in grado di trasformare gli ormoni androgeni, normalmente prodotti dalle ghiandole surrenali, in estrogeni che svolgono un ruolo importante nel processo di sviluppo del tumore al seno.
Alcune evidenze scientifiche dimostrano, inoltre, come non sia solo la quantità di tessuto adiposo a condizionare l’aumento del rischio ma anche la sua distribuzione. Le donne con accumulo di grasso a livello addominale (immagine corporea a forma <di mela>) sembrano, infatti, avere un rischio ridotto rispetto a quelle con l’adipe a disposizione ginoide (immagine corporea forma <di pera>) cioè maggiormente concentrato a livello della metà inferiore del corpo: glutei, fianchi e cosce.

Consumo di alcool
Esiste certamente un legame fra tumore della mammella e consumo di alcool; quest’ultimo, infatti, può causare una modifica del metabolismo degli ormoni estrogeni favorendo un loro incremento nel sangue o può ridurre la concentrazione di acido folico, vitamina importante per i processi di riparazione del DNA.
L’entità dell’aumento del rischio è proporzionale alla quantità di alcool assunta e può risultare superiore al 20% nelle donne che bevono due o tre drink alcolici al giorno rispetto alle astemie.

Contraccezione orale
L’uso della pillola contraccettiva aumenta solo in maniera modesta il rischio di tumore della mammella. Un utilizzo prolungato, superiore a dieci anni, lo aumenta poi in maniera più significativa. Dopo dieci anni dalla sospensione il rischio si riduce a livelli simili a quello delle donne che non hanno mai usato i contraccettivi. Va però precisato che questi dati sono il frutto di studi condotti in passato quando le pillole avevano un contenuto di ormoni decisamente superiore rispetto alle attuali.
Se da un lato una valutazione sull’opportunità di assumere la pillola contraccettiva deve tener conto di questo rischio, d’altra parte, vanno ricordati anche i suoi benefici legati, non solo alla prevenzione di gravidanze indesiderate, ma anche alla diminuzione delle probabilità di insorgenza di tumori dell’utero e dell’ovaio.

Terapia ormonale sostitutiva in menopausa
Molte evidenze indicano oggi che la terapia ormonale sostitutiva non dovrebbe essere impiegata di routine per la sua azione preventiva, ma solo in presenza di indicazioni precise. Per le donne in terapia con questi farmaci il rischio di sviluppare un tumore del seno aumenta entro i primi cinque anni di utilizzo e via via sempre meno. Recenti studi hanno, inoltre, evidenziato come la terapia ormonale sostitutiva non aumenti significativamente la qualità di vita delle donne in menopausa.

Vita sedentaria
Una vita troppo sedentaria può aumentare il rischio di sviluppare tumori del seno. Numerosi studi confermano che una regolare attività fisica possa ridurre il rischio di ammalarsi di circa il 20 per cento. L’esercizio fisico aiuta a tenere sotto controllo il peso e, pertanto, contribuisce a diminuire la quantità totale di estrogeni.

Esposizione a radiazioni ionizzanti
L’esposizione ai raggi X aumenta il rischio di sviluppare il tumore, non solo quello della mammella. L’entità del rischio dipende, però, dalla dose totale di radiazioni assorbite e dall’età in cui ci si espone: l’effetto negativo è massimo prima del 20 anni, diminuisce tra i 20 e i 40 anni e diventa del tutto trascurabile dopo i 40. Questo dato va ricordato in quanto, ancora oggi, vi è molta resistenza da parte delle donne nel sottoporsi alla mammografia nonostante la dose di radiazioni erogata dalle moderne apparecchiature sia minima ed assolutamente priva rischio oncogeno.

Densità mammografica
La mammella è costituita prevalentemente da tessuto ghiandolare (quello che si ammala di tumore) e tessuto adiposo. Quando la componente ghiandolare è predominante, cosa che avviene soprattutto nelle donne più giovani, il seno alla mammografia viene definito radiologicamente denso. Molti studi hanno dimostrato come la densità sia essa stessa un fattore di rischio e che le donne con densità elevata abbiano da quattro a cinque volte più probabilità di sviluppare un tumore.

Per maggiori informazioni visitare l’area medica di riferimento