Cirimoia

Cirimoia

 

Che cos’è la cirimoia?

Detta anche annona, è il frutto di alberi che appartengono al genere Annona, a sua volta classificato nella famiglia delle Annonaceae. Si tratta di piante sempreverdi originarie di regioni dell’Ecuador al confine col Perù.

 

Quali sono le proprietà nutrizionali?

100 gr. di cirimoia apportano 75 calorie e:

1,57 g di proteine

79,39 g di acqua

0,68 g di lipidi, fra cui: 0,233 g di grassi saturi, 0,055 g di grassi monoinsaturi e 0,188 g di grassi polinsaturi

17,71 g di carboidrati, fra cui 12,87 g di zuccheri e 3,0 g di fibre

Fra le vitamine e i minerali, 100 g di cirimoia contengono:

10 mg di calcio

7 mg di sodio

0,27 mg di ferro

0,16 mg di zinco

0,093 mg di manganese

0,069 mg di rame

0,101 mg di tiamina

23 µg di folati

287 mg di potassio

26 mg di fosforo

17 mg di magnesio

5 UI di vitamina A

12,6 g di vitamina C

0,644 mg di niacina

0,345 mg di acido pantotenico

0,27 mg di vitamina E

0,257 mg di vitamina B6

0,131 mg di riboflavina

 

E’ una fonte di luteina/zeaxantina, polifenoli, beta-carotene e beta-criptoxantina.

 

Quando non mangiare la cirimoia?

Non risultano esservi interazioni fra il suo consumo e l’assunzione di medicinali o altre sostanze. Nel dubbio è opportuno chiedere consiglio al proprio medico.

 

Stagionalità della cirimoia

Nel suo habitat naturale, essa è disponibile per il consumo dal mese di novembre al maggio successivo.

 

Possibili benefici e controindicazioni

Essa è considerata una buona fonte di fibre alimentari, utili sia per favorire la salute della flora intestinale che per controllare il livello di zucchero e di colesterolo presenti nel sangue. Apporta inoltre antiossidanti, fra cui le acetogenine, cui sono state attribuite proprietà , antimalariche, antitumorali e antielmintiche. Fra i suoi antiossidanti è anche inclusa la vitamina C che – oltre a difendere dai radicali liberi e a favorire le difese immunitarie – partecipa alla sintesi del collagene, promuovendo in tal modo la buona salute dei tessuti che contengono questa proteina.

Fra le vitamine, essa apporta anche molecole alleate del buon funzionamento del metabolismo e dello sviluppo del sistema nervoso durante la fase di gestazione. Fra i minerali, invece, fornisce calcio, fosforo e magnesio (utili per la salute di ossa e denti) nonché potassio (grande alleato della salute cardiovascolare)

 

Disclaimer

Le informazioni riportate rappresentano indicazioni generali e non sostituiscono in alcun modo il parere medico. Per garantirsi un’alimentazione sana ed equilibrata è sempre bene affidarsi ai consigli del proprio medico curante o di un esperto di nutrizione.

Cisti alle ovaie

Cisti alle ovaie

 

Le cisti ovariche sono neoformazioni sviluppatesi nelle ovaie, i due organi dove sono contenuti e maturano i gameti femminili (ovociti), posti lateralmente all’utero e in connessione con esso attraverso le tube. La formazione di cisti ovariche è un fenome che accade regolarmente e spesso non assume il carattere patologico che occorre invece curare, essendo legato al funzionamento delle ovaie. Si parla in questo caso di cisti funzionali che, quasi sempre, si riassorbono in modo spontaneo. Le cisti funzionali non causano generalmente problematiche nei soggetti femminili, anche se di grandi dimensioni, spesso sono indolori e scompaiono all’arrivo del ciclo mestruale. In rari casi possono rompersi e causare dolore o complicazioni emorragiche, imponendo un trattamento tempestivo, a volte chirurgico.

 

Situazione completamente differente è quella che riguarda la sindrome dell’ovaio policistico, il quale non assume una vera e propria cisti, ma solo un numero di strutture follicolari (e quindi di ovociti) superiore alla media, con ripercussioni sulla regolarità del ciclo mestruale.

 

Che cosa sono le cisti alle ovaie?

Le ovaie sono ghiandole interessate da una attività dal carattere ciclico di intensa produzione ovocitaria, questa è per lo più connessa alla vita riproduttiva della donna e soggetta agli effetti degli ormoni sessuali che influiscono sulla produzione e maturazione dei follicoli. Spesso le cisti formatesi all’interno delle ovaie sono legate proprio a questa cronica attività di produzione e maturazione follicolare. Dato che sono dovute alla funzione dell’ovaio, vengono definite cisti funzionali e classificate in: cisti follicolari o luteiniche a seconda della fase del ciclo mestruale in cui si sviluppano.

 

Sono stati riscontrati anche casi in cui le cisti che hanno connessione diretta con il ciclo mestruale, ma sono delle specifiche neoformazioni dell’ovaio. Appartengono a questa categoria le cisti endometriosiche, i cistoadenomi sierosi o mucinosi e le cisti dermoidi.

 

Quali sono le cause delle cisti alle ovaie?

Le cisti funzionali si manifestano a partire dalla crescita con ritmo eccessivamente intenso di un follicolo, quelle formazioni con struttura simile a una cisti. Crescono e maturano rilasciando mensilmente l’ovulo pronto per la fecondazione. Esistono anche problematiche pertinenti che riguardano più specificatamente un follicolo che continua a svilupparsi e ad accumulare liquido nelle aeree interne, causando dunque una cisti che, generalmente, si riassorbe dopo qualche settimana.

 

Gli endometriomi sono cisti che si originano con la manifestazione di tessuto endometriale (il tessuto che normalmente si trova all’interno della cavità uterina) in sedi “anomale”, ossia diverse da quella fisiologica. La sede ovarica è quella in cui più frequentemente si localizza una cisti endometriosica. La cisti endometriosica ha al suo interno sangue mestruale, prodotto dalle cellule endometriali, le quali si comportano come se fossero nella loro sede naturale, l’utero. Queste cisti vengono definite anche cisti “cioccolato” per il colore del loro contenuto ematico. Le dimensioni variano da pochi millimetri sino a 10 centimetri e possono essere monolaterali o bilaterali.

Il cistoadenoma è un’altra tipologia di cisti sviluppatasi sull’area propria del tessuto ovarico: può essere piena di muco (cistoma mucinoso) o siero (cistoma sieroso). La cosiddetta cisti dermoide (o teratoma cistico maturo) è una formazione cistica di derivazione embrionaria che, oltre al sebo, tende ad includere e quindi contenere altri tessuti, come capelli, denti, frammenti di tiroide, ossa.

 

Quali sono i sintomi delle cisti alle ovaie?

Le cisti ovariche benigne generalmente non danno sintomi e spesso sono destinate a scomparire spontaneamente. Tuttavia, se la cisti tende a ingrandirsi oppure se si tratta di una cisti di natura endometriosica, si possono manifestare diversi sintomi che includono:

  • Dolore o senso di peso pelvico, che si intensifica nel periodo intorno al ciclo mestruale.
  • Dolore durante i rapporti sessuali (dispareunia).
  • Minzione frequente, per la pressione della cisti sulla vescica.
  • Dolore o fastidio intestinale.
  • Febbre
  • Aumento di volume dell’addome

 

In alcuni casi le cisti, più di frequente le cisti dermoidi o i cistoadenomi, possono torcersi, causando una condizione di dolore acuto che può richiedere un intervento chirurgico urgente.

Talvolta (in particolare se si tratta di cisti endometriosiche) possono interferire con la possibilità di ottenere una gravidanza o con l’andamento della gravidanza stessa.

 

Una cisti può anche rompersi, dando così inizio a fenomeni problematici e fastidiosi, nonché anche più gravi a volte, di dolore acuto e sanguinamento nella cavità peritoneale, oppure può infettarsi con conseguente febbre, dolore addominale e alterazioni dell’alvo (diarrea). Con più frequenza accade che le cisti ovariche è benigna ma, soprattutto dopo i 40 anni e in età post-menopausale, le cisti possono essere di natura tumorale maligna o borderline.

 

Come prevenire le cisti alle ovaie?

La prevenzione delle cisti ovariche si attua sottoponendosi regolarmente alle visite ginecologiche di controllo. È importante eseguire una visita specialistica con controllo ecografico, in presenza di sintomi di nuova insorgenza, come dolori pelvici, irregolarità del ciclo mestruale o aumento di volume dell’addome. L’utilizzo della pillola anticoncezionale permette una diminuzione del rischio di sviluppare una cisti ovarica.

 

Diagnosi

La diagnosi delle cisti ovariche si ottiene attraverso:

  • Esame obiettivo ginecologico
  • Ecografica pelvica trans vaginale o trans addominale. Questa indagine include l’esame principale per la rilevazione di una cisti ovarica, per determinarne della sua specifica essenza originale e dunque definirne la natura benigna o maligna.
  • Tecnica chirurgica che, attraverso l’introduzione di una telecamera all’interno dell’addome, permette di diagnosticare e al tempo stesso asportare una neoformazione ovarica. Dosaggio plasmatico di markers specifici per le neoformazioni ovariche, come il CA 125 o il Ca19,9, sostanze che, quando presenti a livelli elevati nel sangue, possono far sospettare una natura maligna e dare quindi l’indicazione a un intervento chirurgico. L’utilizzo di questi markers detiene in effetti delle specifiche indicazioni nelle attività di follow-up di cisti già operate piuttosto che nell’iter diagnostico di partenza.
  • TAC o Risonanza magnetica nucleare. In casi selezionati, per risolvere dubbi diagnostici sulla natura o sulla sede di una cisti.

 

Trattamenti

Le cisti ovariche sono spesso indolori e innocue. Le cisti funzionali, le più frequenti, scompaiono da sole in un paio di cicli mestruali. Se gli esami indicano la presenza di una cisti di natura benigna, ed essa è asintomatica, è necessario soltanto eseguire un monitoraggio ecografico periodico, per controllare aspetto e dimensioni della neoformazione.

Talvolta, il medico può anche prescrivere un contraccettivo orale che può permettere il riassorbimento o la riduzione volumetrica della cisti, ne riduce il rischio della formazione di nuove e lo sviluppo di un cancro ovarico.

La soluzione chirurgica si rende necessaria quando le cisti tendono ad aumentare di volume o presentano un cambiamento della loro morfologia, che può far sospettare la natura maligna o borderline della formazione. Può essere necessaria anche quando la presenza della cisti si associa a dolore pelvico o all’infertilità. L’intervento chirurgico può prevedere la semplice asportazione della cisti, oppure dell’intero ovaio, a seconda della natura della cisti, delle sue dimensioni e dell’età della paziente.

In presenza di cisti ovariche maligne può essere necessario asportare anche l’utero e l’ovaio contro laterale.

Cisti della palpebra

Cisti della palpebra

 

Le cisti sono neoformazioni da consistenza duro-elastica e dal contenuto liquido o semisolido di solito capsulate, generate dalla struttura da cui derivano, solitamente una ghiandola o il suo dotto escretore.

 

Che cosa sono le cisti della palpebra?

Le cisti dermoidi, di solito di origine congenita, racchiudono materiale di provenienza epidermica e cutanea, possono generarsi a livello superficiale, sottocutaneo, in profondità nelle palpebre o a livello dell’orbita.

 

Le cisti di Moll (idrocistoma apocrino delle ghiandole di Moll) sono piccole, tonde, contengono un liquido semitrasparente e si formano lungo il bordo della palpebra, agli angoli degli occhi.

 

Le cisti di Zeis (idrocistoma eccrino delle ghiandole di Zeiss) sono piccole, tonde e contengono una secrezione biancheggiante.

 

Le cisti sebacee, spesso individuate nell’angolo interno dell’occhio e derivanti dalle ghiandole sebacee, racchiudono materiale caseoso.

 

Esistono, poi, le milia, delle cisti multiple superficiali, bianche e tondeggianti e che derivano dai follicoli piliferi e dalle ghiandole sebacee.

 

Quali sono le cause delle cisti della palpebra?

I batteri sono una delle cause principali della formazione delle cisti, come ad esempio lo stafilococco. Le cisti dermoidi sono invece congenite e i milia possono essere secondari a traumi, infezioni cutanee, radioterapia o malattie bollose. L’ostruzione del dotto di una ghiandola, la blefarite cronica, cosmetici scaduti o non correttamente rimossi prima di coricarsi e scarsa igiene sono altre possibili cause delle cisti della palpebra.

 

Quali sono i sintomi delle cisti della palpebra?

Le cisti si mostrano come una sacca chiusa da una membrana sulle palpebre o intorno agli occhi. Sono presenti arrossamenti, gonfiore, dolenza, discromie, secrezioni, prurigine e fastidio alla chiusura delle palpebre.

 

Diagnosi

Per diagnosticare la presenza di una cisti è di solito sufficiente un’analisi clinica.

 

Trattamenti

Nella maggior parte dei casi, è necessaria la rimozione chirurgica delle cisti e l’esame istologico delle stesse e del loro contenuto.

La rimozione prevede l’escissione chirurgica completa con asportazione della capsula:

  • per le cisti dermoidi, è previsto un esame istologico dopo la rimozione chirurgica completa. Se si sospetta anche un’infiammazione dell’orbita oculare, prima di intervenire è necessario uno studio dell’imaging radiologico
  • per le cisti di Moll, sono previsti esami che escludano il trattarsi di un idrocistoma eccrino o di un carcinoma basocellulare cistico.

 

Prevenzione

L’igiene delle dita, delle mani e della pelle attorno agli occhi è fondamentale per evitare la comparsa delle cisti della palpebra. Per impedire il contagio e la diffusione della cisti è meglio evitare di toccare o sfregare gli occhi e di utilizzare cosmetici.

Cistite

Cistite

 

La cistite è un’infiammazione acuta, subacuta o cronica della vescica ed è per lo più assciabile ad un’infezione batterica, altre volte, anche se con frequenza assai minore, la causa scatenante può essere identificabile nell’assunzione di farmaci o molecole irritanti come prodotti per l’igiene intima o gel spermicidi.

 

Che cos’è la cistite?

L’infiammazione della vescica associata alla zona della cistite può provocare fastidi di varia entità, a volte anche molto dolorosi. Nella maggiorparte dei casi non si tratta di un problema pericoloso per la salute, salvo le casistiche registrate in cui l’infezione arriva ad estendersi anche ai reni.

 

Quali sono le cause della cistite?

La cistite è generalmente sostenuta da germi che popolano l’ultimo tratto dell’intestino; in molti casi il batterio in questione è l’Escherichia coli. Questi microrganismi possono raggiungere la vescica dall’esterno tramite l’uretra, dall’interno attraverso la propagazione da organi vicini, o ancora per via ematica. Più raramente può essere sostenuta da infezioni virali o fungine.

Esistono, però anche forme di cistite non associate a un’infezione batterica. È questo il caso della cistite interstiziale, un’infiammazione cronica della vescica dalle cause non ancora chiarite, probabilmente di origine multifattoriale; della cistite scatenata dai farmaci; della cistite associata a trattamenti con radiazioni; della cistite da sostanze chimiche.

 

Quali sono i sintomi della cistite?

I sintomi principali della cistite includono uno stimolo persistente, frequente e urgente a urinare in piccole quantità e una sensazione di bruciore durante la minzione. A questi si possono aggiungere la presenza di sangue nelle urine, dolore o sensazione di pressione nell’area pelvica, urine opache e dall’odore intenso e una leggera febbre.

 

Come prevenire la cistite?

La prevenzione migliore dei fastidi della cistite è bere molto. Inoltre è consigliabile regolarizzare l’intestino, assecondare lo stimolo alla minzione e pulirsi sempre con movimenti dall’avanti al dietro per evitare che i batteri passino dal distretto anale all’uretra, soprattutto nel caso delle donne. In aggiunta, durante il ciclo mestruale e dopo l’attività sessuale, le norme igieniche vanno rispettate e intensificate. E’ essenziale limitare se non evitare del tutto l’utilizzo di prodotti irritanti. Si deve cercare anche di non trattenere l’urina per troppe ore e svuotare bene la vescica più volte al giorno.

 

Infine, ma non per ultimo, indossare abitualmente indumenti intimi stretti o in tessuto sintetico o anche pantaloni troppo aderenti è pericoloso non solo per il surriscaldamento della zona pelvica, ma anche per l’irritazione locale che questi indumenti possono causare. Il tutto promuove l’insorgenza di disturbi fastidiosi dell’apparato genitale esterno (arrossamenti cutanei, comparsa di prurito e qualche lesione da grattamento) e di conseguenza prepara il terreno ai batteri.

 

Diagnosi

In presenza dei sintomi della cistite il medico può prescrivere in prima battuta l’analisi delle urine e l’urinocoltura per verificare la presenza di batteri e identificarli.

Esami di secondo livello saranno prescritti in base alla storia clinica del paziente al fine di escludere condizioni patologiche pre-esistenti che possono rendere la cistite una loro conseguenza.

 

Trattamenti

In genere la cistite, se scatenata da un’infezione batterica, può essere curata con l’assunzione di antibiotici. Più in generale, il trattamento più adatto dipende dalla causa alla base dell’infiammazione.

Nel caso della cistite batterica la durata del trattamento varia a seconda del tipo e della gravità dell’infezione e dalla storia clinica del paziente.

Il trattamento della cistite interstiziale è più complesso e può prevedere l’utilizzo di farmaci assunti per via orale, instillati o infiltrati in vescica, manipolazioni della vescica stessa o la stimolazione di alcuni nervi al fine di ridurre il dolore o la frequenza della minzione.

Importante escludere e quindi trattare condizioni predisponenti di base che possono essere la causa della cistite stessa.

Cistite interstiziale (Dolore pelvico cronico)

Cistite interstiziale (Dolore pelvico cronico)

 

Con il termine di cistite interstiziale si indica una disfunzione medica cronica nelle pareti pelviche che permette un normale urinare. Il dolore è percepito come costante oppure ciclico da più di sei mesi.

 

Che cos’è la cistite interstiziale?

La cistite interstiziale è una condizione del corpo umano in cui si ha un’infiammatoria cronica della vescica e può affliggere soggetti di qualsiasi età, uomini o donne – anche se si riscontra con maggiore facilità nei pazienti di genere femminile. Al contrario di quanto accade dei casi di soggetti affetti da cistite comune non è causata da stress, viceversa il dolore continuo può causare disturbi psicologici quali ansia e depressione. L’evoluzione della malattia è lentamente ma progressivamente ingravescente, con deterioramento delle funzioni vescicali e ripercussioni che possono avere un impatto negativo sulla qualità della vita.

 

Quali sono le cause della cistite interstiziale?

Le cause che danno origine ai casi di problemi di cistite interstiziale non sono attualmente note del tutto, per lo più si ritiene che la principale causa scatenante possa essere identificabile con l’infezione delle vie urinarie, un intervento chirurgico o anche una malattia virale. L’ipotesi più accreditata resta tuttavia quella del progressivo indebolimento del rivestimento delle pareti vescicali, costituito da glicosaminoglicani, con funzioni di sostegno e protezione. L’assottigliamento dello strato protettivo permette alle sostanze irritanti nelle urine di aggredire le pareti vescicali, innescando un processo infiammatorio.

 

Sintomi

Le statistiche indicano il 33% dei casi presenta una sintomatologia decisamente simile ai sintomi che si manifestano nei casi di cistiti, si presenta dunque una situazione che è associata a stimolo impellente a urinare e dolore durante la minzione. A differenza della cistite comune, però, si ritiene che la cistite interstiziale non sia causata da batteri, e che per questo non risponda alla terapia convenzionale con antibiotici. Il dolore spesso interferisce con la vita sessuale, che risulta ostacolata da questo disturbo. Gli uomini possono manifestare dolore ai testicoli, allo scroto, al perineo o al pube, e avere anche episodi di eiaculazioni dolorose. Pare inoltre che la cistite interstiziale sia associata ad alcune condizioni croniche e sindromi dolorose come la vestibolite vulvare, le fibromialgie e la sindrome del colon irritabile.

 

Diagnosi

Spesso non è semplice arrivare ad una diagnosi. Esami delle urine (urinocoltura, citologia urinaria, ricerca del BK nelle urine) ed ecografie dell’apparato urinario sono utili a escludere altre patologie vescicali con sintomatologia simile. Altri accertamenti sono l’uretrocistoscopia (endoscopia della vescica attraverso l’uretra) in narcosi con distensione della vescica, utile a evidenziare eventuali emorragie puntiformi e ulcere (ulcere di Hunner, dal nome dello studioso che per primo le ha descritte) che sono nettamente pertinenti alla malattia. La distensione della vescica, fatta in anestesia generale e consistente nel riempimento della vescica con una soluzione fisiologica, può inoltre contribuire ad alleviare il dolore. Infine, la biopsia della vescica consiste nel prelievo di un frammento della parete vescicale. Con un esame istologico mirato, è possibile escludere patologie più gravi, nonché la presenza e il grado di infiammazione provocato dalla cistite interstiziale.

 

Trattamenti

Per curare la cistite interstiziale può essere necessario combinare una pluralità di trattamenti. Le terapie possono essere orali, con farmaci che contribuiscono a riparare la mucosa vescicale danneggiata, nonché antidepressivi, antinfiammatori, analgesici, antistaminici. Terapie endovescicali, con instillazione di glicosaminoglicani. Soluzioni a base di acido ialuronico e condroitinsolfato che possono migliorare la sintomatologia. In ogni caso, una diagnosi precoce è fondamentale per evitare danni irreversibili e per individuare il prima possibile una terapia idonea.

Cistocele

Cistocele

 

Il cistocele è un prolasso della vescica, ossia una specifica problematica dell’organismo umano che prevede una situazione in cui il tessuto di supporto tra vescica e parete vaginale risulta indebolita e questo porta alla formazione di una vescica sporgente all’interno della stessa vagina.

 

Che cos’è il cistocele?

A volte la vescica può arrivare a sporgere nella vagina: questo prolasso prende il nome di cistocele ed è associato a un indebolimento del tessuto di supporto 0mpresente fra i due organi. Il rischio di avere a che fare con questa condizione aumenta in caso di parto naturale, nelle donne sottoposte a isterectomia e con l’invecchiamento, soprattutto dopo la menopausa, quando i livelli degli ormoni che contribuiscono a rafforzare i muscoli pelvici diminuiscono. A volte entra in gioco anche la predisposizione genetica. Alcune donne, infatti, nascono con tessuti connettivi più deboli, una condizione che le rende più predisposte allo sviluppo di un cistocele.

 

Quali sono le cause del cistocele?

La formazione del cistocele è associata a un indebolimento dei muscoli e dei legamenti del pavimento pelvico, che può essere dovuto all’invecchiamento o a traumi variabili dalle forze cui sono sottoposti durante il parto a una tensione muscolare cronica. Fra i fattori di rischio sono inclusi la gravidanza e il parto naturale, il sovrappeso e l’obesità, il sollevamento ripetuto di pesi eccessivi, gli sforzi associati ai movimenti intestinali e tosse o bronchite croniche.

 

Quali sono i sintomi del cistocele?

I casi di cistocele lievi possono rimanere asintomatici. Nelle altre situazioni i sintomi possono arrivare ad includere una larga gamma di sensazioni tra cui anche un senso di pienezza o di pressione a livello pelvico e vaginale (soprattutto quando si rimane in piedi a lungo), un fastidio che aumenta in caso di sforzo, tosse, pressione o sollevamenti, la protrusione di tessuti che nei casi più gravi possono fuoriuscire dalla vagina dando la sensazione di essere sedute su un uovo e che possono rientrare nei momenti in cui si assume una posizione sdraiata, la sensazione di non aver svuotato completamente la vescica dopo la minzione, infezioni ripetute alla vescica e dolore o perdita di urina durante i rapporti sessuali.

Clamidia

Clamidia

 

La Clamidia è una malattia sessualmente trasmessa causata dall’infezione di un microrganismo, la Clamidia Trachomatis. Questo batterio si trasmette prevalentemente attraverso i rapporti sessuali. È ammessa anche la trasmissione verticale da madre a figlio durante la gravidanza.

L’infezione da Clamidia colpisce prevalentemente le donne, ma non disdegna il sesso maschile. La malattia è quasi sempre asintomatica, oppure può dare sintomi modesti che vanno dall’irritazione vaginale a bruciori e irritazione durante la minzione, sino alla sensazione di peso e dolenzia a livello pelvico e a perdite ematiche vaginali. Se l’infezione progredisce, possono esserne intaccate le tube e le ovaie, con la formazione di processi infiammatori a loro carico (idrosalpinge, ascesso tubarico, sindromi aderenziali) e l’aggravamento dei sintomi (dolori addominali, febbre, diarrea, nausea). I processi infiammatori a carico della pelvi e delle tube, portano a una diminuzione della funzione degli organi riproduttivi, con rischio di infertilità.

Di frequente, quindi, proprio la sua natura di malattia “silenziosa” porta a trascurare i rischi, che, invece, in alcuni casi possono essere molto importanti. Basti pensare che la Clamidia è una delle malattie sessualmente trasmesse più diffuse al mondo, insieme a Gonorrea e Sifilide (in passato chiamate malattie veneree). Per questo quando si presentano sintomi anche transitori, ma anomali, bisognerebbe riferirli subito al medico curante per gli esami del caso.

 

Che cos’è la clamidia?

La Clamidia è un’infezione batterica, causata da un microorganismo, la Clamydia trachomatis ed è una delle più comuni. Decisamente frequente nelle donne, affligge indifferentemente uomini e donne, con un picco intorno ai vent’anni, ossia all’inizio della vita sessuale attiva. Il batterio si trasmette, infatti, prevalentemente attraverso rapporti sessuali non protetti, vaginali, anali e orali, e anche durante la gravidanza dalla madre al feto.

 

Quali sono i sintomi della clamidia?

I sintomi della Clamidia sono spesso lievi e transitori. Generalmente includono:

  • Dolore mentre si urina (dolore minzionale)
  • Macchie arrossate sui genitali
  • Dolori al basso ventre o senso di peso
  • Prurito genitale e pubico
  • Perdite vaginali nelle donne
  • Rapporti sessuali dolorosi nelle donne (dispareunia)
  • Dolore ai testicoli negli uomini
  • Dolore rettale nell’uomo e nella donne
  • Ingrossamento dei linfonodi inguinali

 

Quali sono le cause della clamidia?

La causa della malattia è un batterio, la Clamydia trachomatis, che si trasmette durante i rapporti sessuali e per via materno-fetale.

 

Diagnosi

La diagnosi della patologia a volte è semplice e rapida. Generalmente si esegue mediante:

Un tampone vaginale e cervicale, nel caso delle donne, uretrale o anale nel caso di entrambi i sessi.

Un test colturale delle urine, per uomo e donna, per individuare la presenza del batterio.

 

A volte la diagnosi è più difficile e si attua solo attraverso la laparoscopia, esame endoscopico che si effettua introducendo uno strumento ottico, collegato a una telecamera, in addome. La laparoscopia permette l’individuazione delle aderenze formatesi a carico degli organi pelvici e delle alterazione delle tube e delle ovaie a seguito del processo infiammatorio acuto o cronico.

 

Trattamenti

La Clamidia si cura con antibiotici mirati. Sono necessarie, mediamente, due settimane di cura durante le quali si assume l’antibiotico prescritto dallo specialista. L’antibiotico è in grado di debellare l’infezione, ma non di eliminare i danni d’organo creati dal microorganismo.

 

Come prevenire la clamidia?

La prevenzione delle malattie sessualmente trasmesse risiede principalmente nell’adozione di una sana e corretta vita sessuale (igiene durante e dopo i rapporti, utilizzo del preservativo, attenzione alla scelta dei partners sessuali). Nelle malattie a trasmissione sessuale il preservativo non è sempre sufficiente a proteggere completamente dalle malattie, ma è il mezzo più efficace per ridurre il rischio di infezione.

 

Cloralio idrato

Cloralio idrato

 

Il Cloralio idrato si usa per curare i problemi del sonno. Si utilizza anche nella cura dei sintomi dell’astinenza da alcol o nella loro prevenzione. Si può usare come sedativo prima di certe terapie o per minimizzare l’ansia collegata a cure o ad astinenza da numerose sostanze che danno dipendenza.

 

Che cos’è il Cloralio idrato?

Si tratta di un sedativo ipnotico che opera facendo diminuire l’attività del sistema nervoso centrale, provocando sonnolenza e facilitando così il sonno.

 

Come si prende il Cloralio idrato?

Di solito il cloralio idrato si assume per bocca.

 

Effetti collaterali del Cloralio idrato

Tra gli eventuali effetti collaterali del cloralio idrato troviamo anche:

diarrea

capogiri

sonnolenza

gas

nausea

sapore cattivo in bocca

disturbi di stomaco

 

È meglio avvertire immediatamente un dottore in presenza di:

rash

orticaria

prurito

problemi respiratori

sensazioneo di oppressione al petto

gonfiore di bocca, viso, labbra o lingua

disorientamento

vomito

 

Controindicazioni e avvertenze

Il Cloralio idrato non si può usare in caso di certi problemi renali, epatici o cardiaci o di seria infiammazione gastrica. Il suo utilizzo non è indicato neanche in presenza di assunzione di dofetilide, antistaminici o sodio oxibato.

Il Cloralio idrato può alterare le capacità di guidare e di manovrare macchinari pericolosi, principalmente se presa in combinazione ad alcol o altri farmaci. Inoltre, può dare dipendenza.

Prima di prenderlo è fondamentale avvertire il dottore:

di allergie al principio attivo, ai suoi eccipienti o ad altri medicinali o cibi

dei farmaci, dei fitoterapici e degli integratori presi, menzionando nello specifico arsenico, cisapride, dofetilide, antistaminici, barbiturici, paraldeide, sodio oxibato, diuretici e anticoagulanti

se si soffre (o si ha sofferto) di infiammazioni dell’esofago, ulcere, patologie del sangue, depressione o disturbi renali, epatici o cardiaci

in presenza di pensieri suicidi (anche in passato)

in presenza di abuso di sostanze e dipendenze (anche in passato)

se si ha in programma un intervento chirurgico agli occhi

nell’eventualità di gravidanza o allattamento

Durante la cura è meglio evitare di consumare alcolici o farmaci che provocano sonnolenza, per esempio sedativi o tranquillanti.

 

Clorazepato

Clorazepato

 

Il Clorazepato si usa nella terapia dell’ansia, di certe forme di convulsioni e dei sintomi dell’astinenza da alcolici.

 

Che cos’è il Clorazepato?

Si tratta di una benzodiazepina. Opera frenando la velocità di movimento di certe molecole nel cervello, minimizzando così l’ansia e provocando, in certi casi, sonnolenza.

 

Come si prende il Clorazepato?

Il Clorazepato si assume per bocca, di solito in forma di pastiglie.

 

Effetti collaterali del Clorazepato

Tra gli eventuali effetti collaterali del clorazepato troviamo anche:

vista appannata

problemi di coordinazione

confusione

capogiri

sonnolenza

secchezza della bocca

dolore alla testa

senso di avere la testa leggera

nervosismo

disturbi di stomaco

instabilità

debolezza inusuale

 

È meglio avvertire immediatamente un dottore in preenza di:

rash

orticaria

prurito

disturbi respiratori

sensazione di oppressione al petto

gonfiore di bocca, viso, labbra o lingua

minzione diminuita o diminuzione della quantità di urine prodotte

vista doppia

alterazioni o disturbi d’umore

nuove convulsioni o peggioramento di quelle preesistenti

problemi a parlare

pensieri suicidi o tentativi di suicidio

tremori

insonnia

 

Avvertenze

Il Clorazepato non si deve prendere in presenza di glaucoma ad angolo stretto o di seri disturbi epatici. Inoltre non è indicato in presenza di assunzione di sodio oxibato.

Il Clorazepato può alterare le capacità di guidare e di manovrare macchinari pericolosi, principalmente quando preso in combinazione con alcolici o altri farmaci che possono provocare sonnolenza. Inoltre può dare dipendenza o tolleranza, principalmente quando preso per lunghi periodi o in dosi elevate; per questo è meglio rispettare la prescrizione del dottore e non smettere repentinamente l’assunzione, pena i sintomi di una vera e propria astinenza.

Prima di cominciare a prendere clorazepato è fondamentale avvertire il dottore:

di allergie al principio attivo, ai suoi eccipienti o ad altri medicinali o cibi

dei farmaci, dei fitoterapici e degli integratori presi, menzionando nello specifico idantoine, rifampicina, cimetidina, clozapina, disulfiram, inibitori della proteasi dell’HIV, contraccettivi ormonali, metadone, nefazodone, omeprazolo, sodio oxibato o acido valproico

se si soffre (o si ha sofferto) di glaucoma, disturbi epatici o renali, convulsioni, disturbi muscolari, patologie del sangue o polmonari, problemi psichiatrici o dell’umore o psicosi

in presenza di pensieri suicidi

in presenza di abuso o dipendenza da alcolici o di sostanze (anche in passato)

nell’eventualità di gravidanza o allattamento

Clorpropramide

Clorpropramide

 

La Clorprompramide si usa per gestire il diabete di tipo 2 nelle persone che non riescono a tenere sotto controllo il livelli di zuccheri nel sangue tramite la combinazione di dieta e attività fisica. Deve ugualmente venire presa dentro a un programma di alimentazione ed esercizio idoneo.

 

Che cos’è la Clorpropramide?

Si tratta di un antidiabetico che opera facilitando il rilascio di insulina da parte del pancreas. In questa maniera favorisce la riduzione dei livelli di zuccheri nel sangue.

 

Come si prende la Clorpropramide?

La Clorpropramide si prende per bocca in forma di pastiglie. Si può prendere da sola o combinata con altri medicinali antidiabetici.

 

Effetti collaterali della Clorpropramide

La Clorpropramide può condurre a ipoglicemia, principalmente dopo attività fisica prolungata, se si consumano alcolici o se non si fanno tutti i pasti. Inoltre può accrescere il pericolo di morte a ragione di patologie cardiache e accrescere la sensibilità della cute al sole.

 

Tra gli altri suoi eventuali effetti collaterali troviamo anche:

capogiri

dolore alla testa

nausea

 

È meglio avvertire immediatamente un dottore in presenza di:

rash

orticaria

prurito

problemi respiratori

sensazione di oppressione al petto

gonfiore di bocca, viso, labbra o lingua

stato confusionale

urine scure

febbre, brividi o dolore alla gola continuo

battito cardiaco irregolare

ipoglicemia (ansia, sonnolenza, battito cardiaco irregolare, senso di svenimento, capogiri o dolore alla testa gravi o continui, tremori, sudorazione inusuale, debolezza)

disturbi alla vista gravi o continui

lividi o emorragie

stanchezza o debolezza eccessive

ittero

 

Controindicazioni e avvertenze

La Clorpropramide non si deve prendere in presenza di chetoacidosi diabetica o coma diabetico, di diabete di tipo 1, acidosi o ustioni moderate-gravi o seri probldisturbiemi epatici, renali, tiroidei o endocrinologici.

La Clorpropramide può alterare le capacità di guidare e di manovrare macchinari pericolosi, principalmente se presa in combinazione ad alcolici o altri farmaci che possono provocare sonnolenza. Inoltre prenderlo contemporaneamente degli alcolici accresce il pericolo di ipoglicemia.

Prima di cominciare a prendere clorpropramide è fondamentale avvertire il dottore:

di allergie al principio attivo, ai suoi eccipienti o ad altri medicinali (nello specifico ai sulfamidici, al celecoxib, ai diuretici, alla glipizide, al probenecid, al sulfametoxazolo, al valdecoxib o alla zonisamide) o cibi

dei farmaci, dei fitoterapici e degli integratori presi, menzionando nello specifico betabloccanti, ACE inibitori, anticoagulanti, antifungini azolicim cloramfenicolo, clofibrato, fenfluramina, insulina, MAO inibitori, Fans, fenilbutazopne, probenecid, chinoloni, salicilati, sulfamidici, acidificanti delle urine, calcio antagonisti, corticosteroidi, decongestionanti, diazossido, diuretici, estrogeni, anticoncezionali ormonali, isoniazide, niacina, fenotiazione, fenitoina, rifamicine, simpatomimetici, medicinali per la tiroide, gemfibrozil e barbiturici

se si soffre (o si ha sofferto) di disturbi epatici, renali, gastrointestinali, alla tiroide o al cuore, febbre elevata, serie infezioni o diarrea, livelli alti di acidi nel sangue, seri traumi, disturbi ematici o ormonali, bassi livelli di sodio nel sangue, mancanza di G6PDH o sindrome da inappropriata secrezione di ormone antidiuretico (ADH)

se si consumano alcolici

se si ha in programma un intervento chirurgico

in presenza di gravidanza o allattamento

È meglio avvertire dottori, dentisti e chirurghi che si assume clorpropramide.

Clortalidone

Clortalidone

 

Il Clortalidone si usa nella cura della pressione elevata. In combinazione con altri medicinali si può utilizzare anche per curare la ritenzione idrica provocata dai medicinali o da disturbi come lo scompenso cardiaco o problemi renali o epatici.

 

Che cos’è il Clortalidone?

Il Clortalidone opera accrescendo l’eliminazione di sodio e potassio tramite le urine. In questa maniera favorisce l’eliminazione di quantità maggiori di acqua.

 

Come si prende il Clortalidone?

Il Clortalidone si prende per bocca in forma di pastiglie.

Qualche volte alla sua prescrizione viene abbinata quella di un integratore di potassio.

 

Effetti collaterali del Clortalidone

Il Clortalidone può accrescere la sensibilità della cute al sole. Tra gli altri suoi eventuali effetti collaterali troviamo anche:

costipazione

capogiri

dolore alla testa

senso di avere la testa leggera, principalmente quando ci si alza o si sta in piedi

 

È meglio avvertire immediatamente un dottore in presenza di:

rash

orticaria

prurito

problemi respiratori

sensazione di oppressione al petto

gonfiore di bocca, viso, labbra o lingua

sonnolenza

secchezza della bocca

impotenza

infiammazione del pancreas

dolori o crampi muscolari

nausea

battito cardiaco accelerato o irregolare

irrequietezza

sete inusuale

stanchezza o debolezza inusuali

vomito

ittero

 

Controindicazioni e avvertenze

Il Clortalidone non si deve prendere nell’eventualità in cui non si riesca ad urinare.

La terapia può alterare le capacità di guidare e di manovrare macchinari pericolosi, principalmente se il clortalidone si prende in combinazione con alcolici o altri farmaci. Inoltre i capogiri collegati alla sua assunzione possono aggravarasi con alte temperature, l’attività fisica e la febbre.

Prima di cominciare a prendere clortalidone è fondamentale avvertire sempre il dottore:

di allergie al principio attivo, ai suoi eccipienti o ad altri medicinali (nello specifico ai tiazidici o ai sulfamidici) o cibi

dei farmaci, dei fitoterapici e degli integratori presi, menzionando nello specifico diazossido, glicosidi della digitale, ketanserina o litio

se si soffre (o si ha sofferto) di gotta, bassi livelli ematici di sodio o potassio, patologie renali, lupus, allergie o asma bronchiale

in presenza di gravidanza o allattamento

Cocomero

Cocomero

 

Che cos’è il cocomero?

E’ il frutto del Cocos nucifera, specie che appartiene alla famiglia delle Cucurbitaceae e che si ritiene essere nativa dell’Africa per poi essere stata portata in Asia, Europa e Nord America. Attualmente, nel mondo, il principale produttore di cocomero è la Cina.

 

Quali sono le proprietà nutrizionali del cocomero?

100 gr. di cocomero (parte edibile) apportano 16 calorie ripartite come segue:

10% proteine

1% lipidi

89% carboidrati

Nello specifico, 100 gr. di cocomero apportano:

95,3 g di acqua

3,7 g di zuccheri solubili

0,4 g di proteine

0,2 g di fibre, di cui:

0,02 g di fibra solubile

0,2 g di fibra insolubile

Fra le vitamine e i minerali, 100 gr. di cocomero apportano:

280 mg di potassio

2 mg di fosforo

7 mg di calcio

3 mg di sodio

0,2 mg di ferro

8 mg di vitamina C

0,1 mg di niacina

0,02 mg di riboflavina

0,02 mg di tiamina

37 µg di vitamina A (retinolo equivalente)

Esso è inoltre ricco di carotenoidi (in particolare beta-carotene e licopene) di composti fenolici, inclusi flavonoidi e di triterpenoidi (in particolare di cucurbitacina E).

 

Quando non mangiare il cocomero?

Non risultano interazioni alcune fra il suo consumo alimentare e l’azione di medicinali.

 

Stagionalità del cocomero

In Italia la sua stagione è limitata solo ai mesi di luglio e agosto.

 

Possibili benefici e controindicazioni del cocomero

Come i pomodori, il cocomero è uno dei frutti a più elevato contenuto di licopene, carotenoide dalle proprietà benefiche nei confronti dell’intero apparato cardiovascolare e – secondo alcune più recenti studi – anche delle ossa. Inoltre questo frutto è fonte di citrullina, un aminoacido che una volta immesso nell’organismo viene convertito in arginina: quest’ultima può promuovere la salute cardiovascolare. I composti fenolici di questo frutto forniscono invece una protezione antinfiammatoria e antiossidante; a quest’ultima funzione contribuisce anche la vitamina C, che è presente in abbondanti quantità abbondanti all’interno di questo frutto.

Non sono noti specifici rischi associati al suo consumo alimentare, in quanto esso è considerato un frutto poco allergenico e secondo la Shopper’s Guide to Pesticides 2015 dell’Environmental Working Group non è incluso all’interno dell’elenco dei prodotti più a rischio di contaminazione da pesticidi.

 

Disclaimer

Le seguenti informazioni rappresentano indicazioni generali e non sostituiscono in alcun modo il parere medico. Per garantirsi un’alimentazione sana ed equilibrata è sempre bene affidarsi ai consigli del proprio medico curante o di un esperto di nutrizione.

Condromalacia della rotula

Condromalacia della rotula

 

Quando la cartilagine su cui la rotula scorre diventa ruvida e non permette la flessione del ginocchio, insorge la condromalacia della rotula. Caratterizzata da forte dolore e infiammazione a carico dell’articolazione del ginocchio è causata da diversi fattori.

Che cos’è la condromalacia della rotula?

La condromalacia della rotula può anche colpire entrambe le ginocchia ed è caratteristica dei soggetti che corrono su lunghe distanze (l’attività sportiva prolungata può determinare l’usura di questa cartilagine), degli adolescenti (fattori ormonali possono avere importanza in questa affezione) e può interessare le persone sovrappeso o obese (l’eccessivo peso corporeo non giova a questo disturbo). È una patologia che può manifestarsi a diversi livelli di gravità.

 

Quali sono le cause della condromalacia della rotula?

La condromalacia della rotula può essere causata da:

-traumi o da sovraccarico (sono le cause più frequenti)

-anomalie nella forma e/o nella posizione della rotula

-fattori ormonali (questa condizione si manifesta spesso nelle ragazze in fase di sviluppo, per poi risolversi spontaneamente)

 

Quali sono i sintomi della condromalacia della rotula?

La sintomatologia della condromalacia della rotula è molto variabile. Nei casi meno gravi questo disturbo può essere asintomatico, in altri casi la sintomatologia può presentarsi a riposo, in altre situazioni ancora può insorgere quando il ginocchio è sotto sforzo. Alcuni sintomi, tuttavia, è più probabile che si presentino sui soggetti che soffrono di questo disturbo, tra cui:

-presenza di dolore al di sotto o ai lati della rotula, che aumenta quando si sale o si scende le scale

-percezione di un rumore simile a uno scricchiolio che si manifesta quando, in fase di flessione del ginocchio, la rotula sfrega contro la cartilagine ruvida

-tumefazione del ginocchio interessato

 

Come prevenire la condromalacia della rotula?

Per prevenire l’insorgenza della condromalacia rotulea è consigliabile rinforzare i muscoli delle gambe e soprattutto dei quadricipiti, indispensabili per un buon funzionamento dell’articolazione di tutto il ginocchio. Ecco alcuni consigli:

-effettuare costantemente esercizi di allungamento per tutta la gamba, con particolare attenzione al quadricipite, alla banda ileotibiale (fascio muscolare che si trova sulla parte esterna della coscia) e al gluteo

-ricordarsi di fare stretching prima di correre e di intraprendere qualsiasi attività sportiva

-usare scarpe adatte all’attività che si sta svolgendo

-seguire un programma d’allenamento graduale

Congiuntivite

Congiuntivite

 

La congiuntivite è classificata come disturbo acuto se persiste al massimo quattro settimane, o altrimenti come malattia cronica.

 

Quali sono le cause della congiuntivite?

La congiuntivite può essere provocata da germi (batteri, virus, miceti o protozoi), fattori tossici esterni o interni all’organismo, allergie, farmaci e alterazioni della secrezione lacrimale.

 

Quali sono i sintomi della congiuntivite?

I sintomi sono rossore, infiammazione, lacrimazione aumentata, fotofobia e secrezioni che, nel caso della congiuntivite cronica, durano più di 4 settimane e possono interessare la cornea, che si mostra con la cheratite puntata superficiale.

Le forme virali sono associate anche a formazioni sferoidali semitrasparenti sulla congiuntiva (reazione follicolare) o, molto spesso, all’infiammazione dei linfonodi sottomandibolari e periauricolari.

Frequentemente, invece, le congiuntiviti di origine allergica, sono associate a prurito, secrezioni acquose e rigonfiamento della palpebra. Le forme batteriche mostrano secrezione purulenta.

 

Diagnosi

La diagnosi della congiuntivite si basa su una visita medica.

In caso di forma infettiva batterica che non risponda agli antibiotici ad ampio spettro, si effettua un tampone congiuntivale da sottoporre poi a test microbiologici e ad un antibiogramma per analizzare l’eventuale resistenza agli antibiotici da parte dei batteri per poter poi individuare la terapia più idonea.

Per le forme allergiche può essere utile una consulenza allergologica.

In caso di significativi sintomi respiratori è consigliabile una visita otorinolaringoiatrica.

 

Trattamenti

La terapia della congiuntivite, concordata con lo specialista oculista, è basata su colliri cortisonici, antibiotici, antivirali, antifungina o antistaminica. In alcune casi viene prescritta l’assunzione di detti antibiotici, antivirali o antistaminici per via orale.

Sono indicati trattamenti desensibilizzanti con stabilizzatori della membrana mastocitaria nel caso di congiuntivite allergica cronica

 

Prevenzione

La prevenzione della congiuntivite passa da un’adeguata igiene e, nel caso delle forme infettive, evitando il contagio tra occhi.

In caso di allergie note è opportuno evitare l’esposizione all’allergene.

Corbezzolo

Corbezzolo

 

Che cos’è il corbezzolo?

Si tratta di un arbusto sempreverde tipico della macchia mediterranea che produce gli omonimi frutti tondeggianti e bitorzoluti (bacche grandi circa come ciliegie) con buccia spessa e polpa gialla, morbida e granulosa. Essi possono essere consumati freschi o in conserva (sotto forma di confetture, liquori, sciroppi). Molto rinomato e pregiato è il miele di corbezzolo, che si caratterizza per l’odore penetrante e pungente ed un retrogusto amaro. Questo arbusto, durante la fase autunnale, presenta i suoi fiori bianchi (che daranno i frutti l’anno successivo) in contemporanea ai frutti dell’anno in corso: così nella pianta si possono vedere nello stesso tempo fiori bianchi e frutti rossi che – unitamente al verde delle foglie – rendono questo arbusto molto caratteristico e facilmente distinguibile. Questa appartiene alla stessa famiglia dei mirtilli.

 

Quali sono le proprietà nutrizionali?

100 gr. di corbezzoli apportano circa 76 calorie e contengono approssimativamente:

11 g di zuccheri

0,8 g di proteine

8 mg di vitamina C

 

Quando non mangiare il corbezzolo?

A oggi non sono note interazioni tra l’impiego di corbezzoli a scopo alimentare e l’assunzione di medicinali o altre sostanze ma – poiché le proprietà terapeutiche di questo prodotto sono diverse – nel caso in cui ci si stia sottoponendo ad una terapia farmacologica o si assumano altre sostanze (es. integratori o rimedi fitoterapici) è opportuno chiedere il parere del proprio medico prima di consumare un infuso a base di foglie di questo frutto.

 

Stagionalità del corbezzolo

La mat11 g di zuccheri

La maturazione e la raccolta avvengono tra novembre e dicembre. Non sono facilmente reperibili nei nostri mercati.

 

Possibili benefici e controindicazioni

Sono buone fonti di pectina: questa sostanza ha proprietà gelificanti ed emollienti che sono utili per regolarizzare le funzioni intestinali; in caso di diarrea, la pectina aumenta la consistenza delle feci, mentre in presenza di stitichezza può aumentare la morbidezza della massa fecale e favorire il transito a livello intestinale.

Le sue proprietà terapeutiche sono racchiuse particolarmente nelle sue foglie, ricche di tannini (dall’azione astringente e anti-infiammatoria) e di fenoli (sostanze dall’azione antiossidante), che possono essere assimilate a mezzo di infusi a base di foglie essiccate. I fenoli esplicano la loro benefica azione con un’attività antinfiammatoria (soprattutto sul fegato, sulle biliari e sull’apparato circolatorio) e con un’attività antispasmodica sull’apparato digerente. Risultano altresì essere un buon diuretico e hanno funzioni antisettiche e antinfiammatorie sulle vie urinarie.

A oggi non sono accertate delle controindicazioni al suo impiego ma poiché le proprietà terapeutiche di tale prodotto sono diverse, nel caso in cui si stia seguendo una terapia farmacologica o si assumano altre sostanze (es. integratori o rimedi fitoterapici) è consigliabile chiedere il parere del proprio medico prima di consumare un infuso preparato con le foglie di questo frutto.

 

Disclaimer

Le informazioni riportate rappresentano indicazioni generali e non sostituiscono in alcun modo il parere medico. Per garantirsi un’alimentazione sana ed equilibrata è sempre bene affidarsi ai consigli del proprio medico curante o di un esperto di nutrizione.

Corniole

Corniole

 

Che cosa sono le corniole?

Dal nome scientifico Cornus mas, è un arbusto originario dell’Europa continentale che si è diffuso anche in Italia. Con il termine “corniole” si indicano anche i suoi frutti, ovvero delle bacche di colore rosso dalla forma ovoidale simile a quella delle olive, che vengono raccolte nei mesi di settembre ed ottobre. Ricche di fruttosio e vitamina C, sono piuttosto succose e sono caratterizzate da un sapore acidulo. Possono essere consumate sia fresche che venir impiegate per preparare marmellate, liquori e vini.

 

Quali sono le proprietà nutrizionali?

100 gr. di corniole apportano circa 150 calorie e contengono all’incirca:

37 g di carboidrati

27 g di zuccheri

4 g di proteine

13 mg di sodio

530 mg di potassio

108 mg di vitamina C

Le corniole contengono altresì numerosi minerali tra cui manganese, calcio, sodio, potassio e ferro.

 

Quando non mangiare le corniole?

Ad oggi non sono conosciute interazioni tra il loro consumo e l’assunzione di medicinali o altre sostanze ma poiché le proprietà terapeutiche di questo frutto sono numerose, nel caso in cui si stia seguendo una terapia farmacologica o si assumano altre sostanze (es. integratori o rimedi fitoterapici) è consigliabile chiedere il parere del proprio medico prima di consumarlo.

 

Stagionalità delle corniole

Vengono raccolte tra settembre e ottobre e non sono di facile reperibilità nei nostri mercati.

 

Possibili benefici e controindicazioni

Una delle loro caratteristiche più rilevanti è il loro contenuto di vitamina C, vitamina conosciuta per la sua attività antiossidante che è in grado di fortificare il sistema immunitario, “ripulendo” l’organismo sia dalla presenza che dalla produzione di sostanze cancerogene; la vitamina C svolge altresì un ruolo di primaria importanza nel neutralizzare l’azione dannosa dei radicali liberi e nel rinforzare le difese della pelle. Questi frutti contengono anche discrete quantità di tannini – sostanze dalle proprietà astringenti e anti-infiammatorie – particolarmente indicati per soggetti che soffrono di diarrea e disturbi intestinali.

Le loro proprietà benefiche non sono racchiuse solo nel frutto ma anche nella corteccia, che contiene a sua volta numerose sostanze che possono essere assunte a mezzo di un decotto preparato con la corteccia stessa e che sono ad esempio utili per curare gli stati febbrili.

A oggi non sono note controindicazioni al loro consumo, ma poiché le proprietà terapeutiche di questo prodotto sono molteplici nel caso in cui si stia seguendo una terapia farmacologica o si assumano altre sostanze (es. integratori o rimedi fitoterapici) è sempre consigliabile chiedere consulto al proprio medico prima di consumare questo frutto.

 

Disclaimer

Le informazioni riportate rappresentano indicazioni generali e non sostituiscono in alcun modo il parere medico. Per garantirsi un’alimentazione sana ed equilibrata è sempre bene affidarsi ai consigli del proprio medico curante o di un esperto di nutrizione.

Cozze

Cozze

 

Che cosa sono le cozze?

Si tratta di molluschi appartenenti alla famiglia delle Mytilidae. Ne esistono due specie piuttosto simili: la Mytilus edulis e la Mytilus galloprovincialis. In Italia sono molto abbondanti nel Mare Adriatico, anche se sono diffuse un po’ lungo tutte le coste della penisola.

 

Quali sono le proprietà nutrizionali delle cozze?

100 gr. di cozze (Mytilus edulis, parte edibile) apportano circa 84 calorie ripartite come segue:

29% lipidi

15% carboidrati

56% proteine

 

In particolare, in 100 gr. di cozze sono presenti:

11,7 g di proteine

82,1 g di acqua

2,7 g di lipidi, di cui: 0,52 g di grassi saturi, 0,63 g di grassi monoinsaturi, 0,58 g di grassi polinsaturi (soprattutto omega 3) e 121 mg di colesterolo

tracce di vitamina C

320 mg di potassio

290 mg di sodio

236 mg di fosforo

88 mg di calcio

44 mg di magnesio

5,8 mg di ferro

2,2 mg di zinco

1,2 mg di rame

49 µg di selenio

2,8 g di glicogeno

0,3 g di zuccheri solubili

1,6 mg di niacina

0,16 mg di riboflavina

0,12 mg di tiamina

54 µg di vitamina A (retinolo equivalente)

 

Quando non mangiare le cozze?

Non risultano esservi interazioni fra il consumo di cozze e l’assunzione di medicinali o altre sostanze. Nel dubbio è bene chiedere consiglio al proprio medico.

 

Periodo di reperibilità delle cozze

Si riproducono prevalentemente in primavera e in estate.

 

Possibili benefici delle cozze

Questi molluschi proteggono la salute fornendo all’organismo degli importanti minerali. In particolare, il selenio può favorire un corretto funzionamento del sistema immunitario e agisce come antiossidante. Anche la vitamina C coadiuva a migliorare le difese antiossidanti e partecipa alla sintesi del collagene. La riboflavina, invece, esercita un ruolo nel regolare l’umore, partecipa alla comunicazione fra cellule nervose e favorisceun buon utilizzo del ferro. Le cozze sono infine una fonte di omega 3, acidi grassi alleati della salute (in particolare di arterie e cuore).

 

Possibili controindicazioni delle cozze

Questi molluschi sono tuttavia ricchi di sodio e di colesterolo, entrambi nemici della salute cardiovascolare. Per tale motivo è opportuno evitarne un elevato consumo, soprattutto se sono già presenti problemi di colesterolo.

Possono essere causa di intolleranze alimentari. Il loro contenuto in mercurio è basso, ma possono essere contaminate da altri agenti inquinanti.

 

Disclaimer

Le seguenti informazioni rappresentano indicazioni generali e non sostituiscono in alcun modo il parere medico. Per garantirsi un’alimentazione sana ed equilibrata è sempre bene affidarsi ai consigli del proprio medico curante o di un esperto di nutrizione.

Crampi muscolari

Crampi muscolari

 

Un crampo muscolare è una contrazione transitoria, improvvisa e involontaria di un muscolo o di un gruppo di muscoli. Anche se generalmente è innocuo, il crampo muscolare può provocare dolore e rendere temporaneamente impossibile l’utilizzo del muscolo interessato. Spesso insorge dopo un’attività fisica intensa, ma non infrequente è la manifestazione di crampi a riposo o durante il sonno.

I crampi muscolari possono risolversi, dopo un periodo più o meno protratto, sia spontaneamente sia con la trazione passiva dei muscoli interessati. Anche la contrazione dei gruppi muscolari antagonisti e la pratica di massaggi alle fasce muscolari colpite dallo spasmo possono alleviare il disturbo. Generalmente i crampi muscolari sono innocui – nonostante risultino non poco fastidiosi – e tendono a risolversi nel giro di alcuni minuti.

 

Quali sono le cause di un crampo muscolare?

La maggior parte delle volte alla base dei crampi muscolari c’è una delle seguenti condizioni:

-lunghi periodi di esercizio o lavoro fisico, soprattutto durante la stagione calda.

-disidratazione

-mantenimento di una posizione per un periodo troppo lungo di tempo.

-assunzione di alcuni farmaci, come i diuretici.

 

I crampi muscolari possono però anche essere segno della presenza di diverse patologie, anche gravi:

-restringimento delle arterie che forniscono sangue alle gambe (aterosclerosi periferica).

-compressione dei nervi nella colonna vertebrale a livello lombare.

-malattie che interessano il sistema muscolare.

-malattie neurologiche (malattia di Charcot).

-squilibri metabolici legati alla mancanza nell’organismo dei giusti livelli di potassio, calcio e magnesio.

 

Tra i fattori che possono aumentare il rischio di sviluppare crampi muscolari troviamo l’età avanzata; la disidratazione; lo stato di gravidanza; la presenza di patologie come il diabete o malattie del fegato o della tiroide.

 

Quali sono i sintomi di un crampo muscolare?

Quando un muscolo o un gruppo di muscoli si contrae in modo improvviso e volontario generando dolore più o meno intenso, possiamo parlare di crampo muscolare. In alcuni casi è possibile percepire un irrigidimento del muscolo appena contratto.

 

Come prevenire un crampo muscolare?

Per prevenire i crampi muscolari è consigliabile:

-evitare la disidratazione, bevendo in modo adeguato tutti i giorni in base alla propria età, attività fisica e/o lavorativa, in base al proprio stato di salute e agli eventuali farmaci che si assumono. Durante (e dopo) l’attività fisica non dimenticare di reintegrare i liquidi (acqua e/o sali minerali) a intervalli regolari;

-allungare i muscoli: è fondamentale effettuare stretching muscolare prima e dopo qualsiasi sforzo fisico.

-se si soffre di crampi notturni si consiglia di fare stretching e svolgere una leggerissima attività fisica (come pochi minuti di cyclette) prima di andare a letto.

Crescione d’acqua

Crescione d’acqua

 

Che cos’è il crescione d’acqua?

Si tratta di una pianta acquatica perenne (Nasturtium officinale) che fa parte della famiglia delle Brassicaceae. Le sue foglie dal gusto pepato sono impiegate, sin dall’antichità, sia in cucina che a scopo medicinale.

 

Quali sono le proprietà nutrizionali?

100 gr. di crescione crudo apportano circa 11 calorie e:

2,30 g di proteine

95,11 g di acqua

0,10 g di lipidi, fra cui 0,027 g di acidi grassi saturi, 0,008 g di acidi grassi monoinsaturi e 0,035 g di acidi grassi polinsaturi

1,29 g di carboidrati, fra cui 0,5 g di fibre e 0,20 g di zuccheri

3.191 UI di vitamina A

250 µg di vitamina K

9 µg di folati

330 mg di potassio

120 mg di calcio

60 mg di fosforo

41 mg di sodio

21 mg di magnesio

0,244 mg di manganese

0,20 mg di ferro

0,11 mg di zinco

0,077 mg di rame

0,9 µg di selenio

43,0 mg di vitamina C

1,00 mg di vitamina E

0,310 mg di acido pantotenico

0,200 mg di niacina

0,129 mg di vitamina B6

0,120 mg di riboflavina

0,090 mg di tiamina

 

E’ una fonte di luteina/zeaxantina, di beta-carotene, e di numerosi fitonutrienti, fra cui gli isotiocianati.

 

Quando non mangiare il crescione?

Il suo impiego può interferire con l’assunzione di litio, clorzoxazone e warfarin. Nel dubbio, è opportuno chiedere consiglio al proprio medico.

 

Stagionalità del crescione

Sia le foglie che i rametti di crescione vengono raccolti in estate per essere quindi consumati freschi.

 

Possibili benefici e controindicazioni

Il suo regolare consumo è stato associato alla prevenzione dell’anemia, dell’osteoporosi e della carenza di vitamina A; pare inoltre poter proteggere dalle malattie cardiovascolari e dal cancro. Nello specifico, la gluconasturtiina presente al suo interno sarebbe convertita all’interno dell’organismo in una molecola dalle proprietà antitumorali.

Quest’erba aromatica è altresì una fonte di antiossidanti a basso contenuto di calorie e di grassi. Il crescione può contribuire anche ad una buona coagulazione e al mantenimento in buona salute dei neuroni grazie alla sua vitamina K, a garantire un buon metabolismo grazie alle vitamine del gruppo B e a proteggere ossa e denti con calcio, fosforo e magnesio nonché il cuore tramite il potassio.

Il suo impiego può essere controindicato in caso di ulcere gastrointestinali e di malattie renali.

 

Disclaimer

Le informazioni riportate rappresentano indicazioni generali e non sostituiscono in alcun modo il parere medico. Per garantirsi un’alimentazione sana ed equilibrata è sempre bene affidarsi ai consigli del proprio medico curante o di un esperto di nutrizione.

Cross-Linking Corneale (CXL)

Cross-Linking Corneale (CXL)

 

Il Cross-Linking Corneale (CXL) si è affermato negli ultimi anni come terapia di elezione del cheratocono in grado di evitare nella maggior parte dei casi il trapianto di cornea. Si tratta di un trattamento parachirurgico “a bassa invasività” che consiste in un “rinforzo” della cornea ottenuto mediante l’effetto combinato di vitamina B2 e raggi ultravioletti.  L’Istituto Clinico Humanitas fin dal 2006, è stato unico centro di riferimento italiano del primo studio multicentrico internazionale europeo, sotto la direzione del Dottor Paolo Vinciguerra.

 

 

Che cos’è il Cross-linking Corneale (CXL)?

 

Il metodo anche noto come “fotodinamica corneale” è una terapia parachirurgica che ha come obiettivo quello di aumentare la connessione fra le fibre e la loro resistenza. Esse compongono la cornea, ed in questo modo si contrasta e in buona parte dei casi si arresta l’evoluzione del cheratocono.

 

Il CXL prevede una prima fase di “impregnazione” della cornea, mediante istallazione di gocce di collirio a base di riboflavina, la vitamina B2; successivamente si procede alla fase di “irradiazione” esponendo il tessuto corneale ad un fascio laser di raggi ultravioletti di tipo A (UVA) a basso dosaggio. Grazie all’azione combinata della vitamina B2 e dei raggi UVA si ottiene un aumento dei ponti molecolari che conferiscono maggiore resistenza agli strati più interni della cornea, rendendola più rigida e meno soggetta al processo di sfiancamento, caratteristico del cheratocono.

 

 

Come funziona il Cross-Linking Corneale (CXL)?

 

Esistono due modalità di trattamento con e senza rimozione dell’epitelio. Il medico indica il trattamento idoneo al paziente.

L’intervento è ambulatoriale ed effettuato in anestesia in gocce. Il paziente dopo l’intervento può tornare a casa e deve essere accompagnato. Nei 2-3 giorni successivi al trattamento si può presentare una sintomatologia caratterizzata da dolore intenso, sensazione di corpo estraneo, fotofobia. Dopo l’intervento occorre osservare almeno due giorni di riposo (preferibilmente a letto, in un ambiente poco luminoso).

 

Nei giorni seguenti è importante evitare la lettura, la TV e gli agenti infastidenti (luce, polvere, ecc), avendo cura di dormire almeno 10-12 ore per notte. La terapia postoperatoria prevede l’utilizzo di antidolorifici per ridurre tale sintomatologia.

Nei trattamenti senza rimozione dell’epitelio sintomi sono quasi assenti e il recupero più rapido.

 

 

Quali sono i vantaggi del cross-linking corneale (CXL)?

 

Quando ve ne sia indicazione è molto importante intervenire precocemente poiché il Cross-Linking è in grado arrestare l’evoluzione del cheratocono a partire dal momento in cui viene esso trattato. L’intervento di UVA Cross-Linking corneale non sfugge alla regola generale secondo la quale non esiste una chirurgia senza rischi.  Trattandosi di un intervento chirurgico a bassa invasività ed a bulbo chiuso, i rischi di grave compromissione funzionale connessi con la chirurgia intraoculare sono esclusi anche se sono possibili complicanze prima, durante e dopo l’intervento che possono condizionare il recupero funzionale della vista.

 

Il cross-linking corneale (CXL) è doloroso o pericoloso?

 

Il trattamento non è doloroso, dura meno di un’ora, durante la quale il paziente viene fatto accomodare disteso su di un lettino. L’intervento avviene in sala operatoria in ambiente sterile. Al termine dell’intervento viene applicata una lente a contatto. Il rischio di complicazioni, non eliminabile, dipende dalla gravità della patologia oculare pre-operatoria e dalla collaborazione che il paziente presta nell’eseguire le indicazioni post-operatorie impartite.

 

Quali pazienti possono effettuare il cross-linking corneale (CXL)?

 

Tutti i pazienti che presentino l’indicazione al trattamento. Anche i bambini possono essere sottoposti all’intervento, In questo caso la repentina progressione della malattia consiglia una estrema precocità nel trattamento.

 

Follow up

 

E’ essenziale l’esecuzione di periodici controlli post-operatori nei mesi successivi al trattamento, a cadenza quotidiana fino alla rimozione della lente a contatto. Il paziente esegue i successivi controlli, che devono comprendere: topografia corneale, tomografia corneale, conta endoteliale ed OCT del segmento anteriore. I controlli vanno effettuati ad un mese, tre mesi, sei mesi e ad un anno dall’intervento. A causa dell’assestamento post-operatorio degli strati più superficiali della cornea (epitelio), la valutazione dei risultati conseguiti va eseguita ad almeno un mese dal trattamento. I pazienti sottoposti a cross-linking possono riprendere l’uso di lenti a contatto a partire da 40gg dopo l’intervento e previo parere favorevole dell’oculista curante.

 

Sono previste norme di preparazione all’intervento?

 

Il giorno del trattamento è preferibile presentarsi con un accompagnatore, in considerazione del fatto che dopo il trattamento non si potrà, essenzialmente per ragioni di sicurezza stradale, procedere alla guida di autoveicoli.